sabato 21 gennaio 2012

La parola "identità" non sarebbe il caso di usarla solo in matematica?

Quando stai passando un periodo allegro e spensierato in cui non ti fai troppe domande su te stesso e su quello che sarà, eseguendo alla lettera i consigli di Lorenzo de' Medici, ecco che arriva lo stronzo di turno che pretende di dirti chi sei. Sinceramente, proprio per il periodo spensierato che sto passando, me ne frego di quello che dice e pensa la gente di me, anche se poi non è che fossero descrizioni brutte, forse però lontante da quello che penso di essere. Non voglio parlare di me in questo post, sarebbe grave se fosse così, voglio parlare invece di quello che penso (che poi è come parlare di me :| ). Queste persone, ebbene si più di una persona ha voluto spontaneamente pretendere di descrivermi, mi hanno fatto pensare ad un'altra cosa, cioè all'identità di ognuno di noi. Ognuno credo che abbia una propria opinione di se stesso, ed è quindi convinto di essere un certo tipo di persona. La verità è che dipendentemente da chi ci guarda possiamo essere un'infinità di persone, ad esempio per la propria dolce metà possiamo essere bellissimi, simpaticissimi ecc. se la storia è agli inizi, viceversa possiamo risultare brutti e antipatici se si passa un periodo di crisi. Agli occhi di una persona molto più istruita di noi potremmo sembrare degli ignoranti, ma essere super intelligenti agli occhi di uno che non ha voluto o potuto studiare. Nel contesto familiare potremmo sembrare dei bravi ragazzi o delle pecore nere, ma essere pecore nere o bravi ragazzi al di fuori. Molte volte questa apparenza dipende dal contorno (dipende tutto dal contesto, ma è tutto fatto con le polverine ;) ), se invece non c'è contorno dipende semplicemente da che rapporto o sentimenti si hanno con la persona che ci guarda. Se c'è invidia la descrizione sarà sicuramente negativa, altrimenti saranno complimenti e leccate c**o, e così via.
Questa cosa mi affascina molto perché, volendo, possiamo fingere di essere chi vogliamo, basterà porsi in un certo modo, soprattutto con chi non ci conosce, e poi starà a lui farsi un'idea, come Gassman in "Il mattatore".
Quello che voglio dire è che ciò che noi pensiamo di essere, che può anche essere sbagliato, potrebbe non essere quello che diamo a vedere, anche se questo non dipende esclusivamente da noi ma anche da chi ci osserva, così ci ritroviamo spiazzati quando qualcuno ci vede come l'opposto di quello che siamo. Allora mi chiedo, chi siamo veramente? Quello che pensiamo di essere, o quello che la gente pensa di noi? Io credo che non si possa rispondere a questa domanda, perché dipende sempre dalle condizioni iniziali. Allora mi chiedo, fallisce così il concetto di identità? Siamo in continua evoluzione? Ogni istante che passa diventiamo persone differenti, sia nella nostra testa che in quella degl'altri? Inizio ad avere paura di non esistere :D

p.s.: questa cosa si riallaccia con un post che è un po' che voglio scrivere e che probabilmente sarà il prossimo.

p.p.s.: mentre scrivevo mi è sorta una domanda, ma questo non è il tema del romanzo di Pirandello "uno, nessuno e centomila"?

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